Vi siete mai soffermati a vedere i gabbiani sospesi nel vento? Se tutti gli esseri della terra scomparissero e restassero solo i gabbiani, e magari i pesciolini per la loro alimentazione, pensate forse che dai gabbiani, col passare di milioni di anni, rinascerebbero gli animali che popolano la terra,e, anche l’uomo e forse persino le rane, farfalle e pesciolini. E seppure i gabbiani scomparissero, vi riesce d’immaginare che i pesciolini del mare, per graduali trasformazioni, darebbero origine, alla fine dei tempi, a nuovi gabbiani o comunque a qualche nuovo genere di uccello marino capace di librarsi nell’aria?». Con queste parole inizia Le forme della vita (Armando editore, 1981) il lavoro che forse riassume più di qualsiasi altro il pensiero e lo spirito che pervade tutte le riflessioni di Giuseppe Sermonti grande personaggio della scena scientifica italiana che il prossimo 4 ottobre compirà 90 anni.
Nato a Roma nel 1925 si laurea in Agraria all’Università di Pisa e poi in Biologia, è un pioniere nella genetica dei microorganismi industriali produttori di antibiotici. Genetista dal 1950 presso l’Istituto Superiore di Sanità in Roma, ha fondato la genetica dei microrganismi e ha presieduto la International Commission for Genetics of Industrial Microorganisms. Nel 1964 arriva alla cattedra di Genetica prima a Palermo e poi a Perugia e nel 1970-71 presiede l’Associazione Genetica Italiana. Nel 1980 è eletto alla vicepresidenza del XIV Congresso Internazionale di Genetica a Mosca. Lo stesso anno è chiamato alla direzione della Rivista di Biologia (fondata nel 1919) succedendo ad Aldo Spirito. In quel periodo prende forma la sua critica all’Evoluzionismo darwiniano e con la pubblicazione di Dopo Darwin, critica all’Evoluzionismo (con Roberto Fondi) inizia lo scontro con l’establishment scientifico e culturale italiano e, con questo, l’isolamento dal mondo accademico ufficiale. Nel 1982 è invitato dall’Accademia Pontificia a partecipare a un gruppo di lavoro sull’Evoluzione dei Primati e, quattro anni dopo fonda, a Osaka, il Gruppo per lo Studio della Struttura Dinamica. I suoi studi e le sue ricerche lo portano ad uscire dalla scienza destinata esclusivamente a fini utilitaristici così da indagare e scoprire leggi naturali, tecniche e chimiche nelle fiabe.
Ma il più grande pregio di Sermonti è stato quello di aver fatto riscoprire la bellezza, l’armonia nella natura attraverso l’osservazione di cose incredibili che grazie ai suoi scritti riusciamo a percepire con nuova meraviglia e gusto: un fiore, un uccello, una conchiglia, un gabbiano che si libra nel vento. Il pettazzurro, ad esempio, che «dà il meglio delle sue doti canore quando se ne sta solo, tranquillo, in pace, nel suo cespuglio. Quando “poeta tra sé e sé”, ha commentato Konrad Lorenz. Quando recita il “Te Deum”». Nel 2004 Sermonti riceve il Premio per la Cultura della vice-presidenza del Consiglio per le sue ricerche e critiche scientifiche.
Sermonti è uno scienziato scomodo e si scontra col mondo accademico già dal 1971 quando esceIl Crepuscolo dello Scientismo (Rusconi ed.) con la dura critica ai biologi di volere innovare, migliorare l’uomo. E Sermonti vedeva lontano e l’attualità gli ha dato ragione: una rivoluzione bio-tecnologica sta travolgendo tutto e tutti, la procreazione è diventata un fatto quasi da laboratorio, si selezionano gli embrioni, si scelgono le caratteristiche genetiche, le banche dello sperma e degli ovuli sono una realtà consolidata e siamo agli uteri, per ora naturali, in affitto. «Non siamo caduti tra le braccia di Gog e Magog: vi siamo “progrediti”» (Theodore Rosszac, 1982) e questa citazione, che compare nell’ultima edizione del Crepuscolo (Nova scripta, 2002), chiarisce l’idea che Sermonti ha del progresso, o meglio, della visione ottimistica che ritiene una «abdicazione della ragione, cioè della capacità di prevedere che finisce con lo snaturare il progresso» e gli ultimi anni ci hanno fatto entrare violentemente in contatto con le crisi che stiamo attraversando. Come ricordava Sermonti: «molte cose perfettamente possibili non si realizzano, molti popoli continuano a soffrire la fame, i denti dell’uomo civile sono sempre cariati, le guerre del Medio e dell’Estremo Oriente non finiscono mai, l’acqua potabile non cessa di diminuire, e si è ormai rinunciato a cercare la cura per il raffreddore».
Ma lo scrittore Sermonti si dedica anche a narrare i drammi nella scienza attraverso la narrazione delle storie dei protagonisti che li hanno vissuti. In una forma originale, quella delle commedie da tavolo (Scienziati nella tempesta, Di Rienzo editore, 2002), con le quali descrive i drammi di Gregor Mendel con la riscoperta postuma e il tentativo di Hugo De Vries di appropriarsi delle sue scoperte, William Harvey e la disputa sulla circolazione sanguigna, Ignazio Filippo Semmelweis incompreso scopritore delle cause delle infezioni puerperali che si darà la morte per dimostrare la ragione delle sue teorie, Paul Kammerer, suicida a causa della sconfessione delle sue teorie sull’eredità dei caratteri acquisiti, J. Robert Oppenheimer, protagonista del “Progetto Manhattan” col quale la fisica si rende conto che può distruggere il mondo, Pavel Florenskij, Pope, filosofo e matematico internato nelle isole Solovski dove morirà fucilato, e infine Charles Darwin distorto, emendato, usato dai neo-darwinisti tanto che lo stesso naturalista inglese non si riconosce più. Drammi veri e propri che insegnano che le grandi scoperte «nascono spesso tra errori, contese, sconfessioni, che talvolta provocano la prematura fine del protagonista, prima che la sua idea si sia affermata»
La sterminata produzione di Sermonti è anche ricca di articoli comparsi su molti quotidiani, il Tempo, Roma, Il Giornale, il Foglio e i suoi editoriali nella Rivista di Biologia, riuniti e pubblicati da Lindau (2010). «La semiscienza è un despota come fino ad oggi non ve ne sono stati. Un despota che ha i suoi sacerdoti e i suoi schiavi, un despota dinanzi al quale tutti si sono inchinati con amore e con una superstizione fino ad ora inconcepibile,dinanzi al quale la stessa scienza trema e gli indulge vergognosamente» (Fedor Dostoevskij, I Demoni). Caro professor Sermonti, un grazie e tanti cari auguri a lei, a un vero scienziato libero.