L'insieme di proteine in una cellula si chiama proteoma; lo studio della proteomica sta cescendo in modo esponenziale. E' uscito un lavoro in "Nature" dei biologi Ruedi Aebersold e Mathias Mann; essi affermano che "potenti tecnologie di spettrometria di massa forniscono intuizioni senza precedenti sulla struttura, la funzione e il controllo del proteoma così da far luce sui processi biologici complessi".

Essi non accennano mai, nel loro articolo, all'evoluzione e affermano che le proteine controllano sostanzialmente tutti i processi cellulari; esse nel loro insieme svolgono funzioni nella cellule in determinati momenti  e luoghi in associazione fisica con altre proteine. Una cellula dello schizosaccaromicete contiene circa 60 milioni di molecole proteiche che vanno da alcune copie di una determinata proteina a 1,1 milione di copie di un'altra specifica proteina. Esiste una concentrazione di 2-4 milioni di proteine per micrometro cubo  o 100-300 mg.per ml. La vasta rete proteomica della cellula si adatta dinamicamente alle perturbazioni esterne o interne, cioè genetiche e quindi il proteoma determina il fenotipo della cellula. Descrivere e comprendere il proteoma e il suo funzionamento è la sfida centrale e fondamentale della biologia. I due biologi guardano al proteoma come ad un sistema integrato che contribuisce alla vita e alla salute della cellula, il proteoma fornisce energia, consegna merci, conserva le informazioni genetiche rimuove i rifiuti  e fa replicare la cellula. Diversi sistemi cellulari hanno proteoni simili e differiscono tra loro per poche specifiche proteine ed è piuttosto l'abbondanza diversa delle singole proteine che determina la specificità della cellula e come sono organizzate nel loro insieme.                                                                                                                     

Un altro articolo in "nature" degli studiosi Huang, Boyken e Brake si interessa della progettazione ex novo di nuove proteine. Per questo hanno bisogno di capire come una sequenza di aminoacidi determina una conformazione pieghevole della proteina. Questo lavoro è interessante perchè si riferisce ai lavori di Douglas Axe. Nel suo recente libro "innegabile" Axe ha stimato la prevalenza di sequenze che potrebbero ripiegarsi in sequenze funzionali su tutta intera la sequenza spazio: egli ha stimato che solo una proteina su 10 ^74 sequenze è funzionale in una sequenza di 150 aminoacidi, cioè ogni 10^ 74 sequenze si trova una proteina piegata in modo funzionale a svolgere qualsiasi funzione. Il nuovo documento in "nature" indica uno spazio funzionale ancora più piccolo. Gli autori sostengono che il numero di sequenze distinte che sono possibili per una proteina di lunghezza tipica di 200 aminoacidi è 20^200  sequenze. Il numero di proteine che possono essere prodotte da tutti i microorganismi esistenti è dell'ordine di 10^12, l'articolo prosegue spiegando che l'evoluzione non è una buona guida per l'esplorazione delle proteine funzionali dalla massa di proteine che abitano nello spazio sequenza di 20^200, e che inoltre è possibile trovare sequenze funzionali in base alla comprensione delle proprietà fisiche delle proteine; ci vuole pertanto un processo mentale di conoscenza per trovare le proteine funzionali. Cercare a caso serve a poco. Da 20^200 sino ad arrivare a 10 ^12 sono le proteine effettivamente presenti negli organismi, il salto è molto grandeed è di 240 ordini di grandezza per le catene proteiche di 200 aminoacidi e di 183 ordini di grandezza per le catene di 150 aminoacidi che Axe ha usato. Qualsiasi ricerca casuale, dicono gli autori, non danno alcuna probabilità di trovare sequenze funzionali anche utilizzando tutti gli atomi dell'universo. Dembski ha calcolato che una probabilità inferiore a 10^-150 non potrà mai accadere in tutta la storia dell'universo. La stima di Axe di 1 su 10 ^74 è al di sopra del limite di probabilità di 10^150 ma si deve tener presente che per creare casualmente una proteina funzionale tutti gli aminoacidi devono essere levogiri e tutti i legami devono essere peptidici. Questo lo spiega Stephen Meyer nel libro “Firma nella cellula”. Applicando generose probabilità di 0,5 per tutti gli aminoacidi levogiri e 0,5 probabilità per tutti i legami peptidici Meyer riduce le probabilità di trovare una proteina funzionale nello spazio sequenza a uni in 10^164, probabilità ben al disotto del limite posto da Dembski di 10^150. Nonostante questi ordini di grandezza gli autori dell'articolo Huang, Boyken e Baker continuano a credere ciecamente  che questi processi incredibili di estrema precisione siano dovuti all'evoluzione. La loro visione del mondo non permette loro di considerare questo come prova di un progetto intelligente

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