Ancora una volta l'antropologo Ian Tattersall ha confermato che la differenza tra l'Uomo e gli altri animali non è di grado ma sostanziale.
Un dato che sembra voler essere ignorato dalla cultura contemporanea.
Le sue affermazioni sulla coscienza simbolica di Homo sapiens sono un motivo ricorrente negli ultimi anni, l'aveva scritto su Micromega nel 2009 per il bicentenario di Darwin: «l'origine della coscienza simbolica nell'uomo sembra dunque implicare un processo di emergenza, più che di selezione naturale», l'ha ripetuto nel gennaio 2012 a Roma nel corso del Festival delle Scienze, l'ha poi detto ancora nell'agosto dello stesso anno al Festival di Rimini cosa che gli è costata un po' di grane, tanto da dover fare una smentita su Query, la rivista del CICAP, dove si ammette candidamente che il primo problema è stato aver osato parlare a dei credenti che vengono in modo fuorviante definiti "creazionisti":
Per essere chiari, ci sono due ordini di polemiche. Il primo riguarda la partecipazione stessa di Tattersall al meeting di Rimini e le sue parole di apertura verso il mondo della fede. L'antropologo ha una posizione su questi temi simile a quella proposta da Stephen Jay Gould con il nome di NOMA, Non Overlapping Magisteria. Scienza e fede sarebbero due ambiti compatibili fra di loro proprio per la loro natura completamente differente e per gli ambiti d'azione non sovrapponibili. Altri scienziati, come Richard Dawkins o Jerry Coyne, sono, invece, ancorati su posizioni di rottura.
Quindi, soprattutto negli Stati Uniti, le parole di Tattersall hanno riacceso il dibattito che, però, si è limitato principalmente agli addetti ai lavori (qui sul blog di Coyne il post che ha scatenato tutto, con relativa discussione).
Il secondo problema è consistito nel ben più grave fatto di aver fatto intravedere una sostanziale diversità umana rispetto agli altri animali e una mancanza di gradualismo difficilmente compatibile con una spiegazione darwiniana di tale diversità:
Il secondo ordine di polemiche è invece tutto italiano e riguarda appunto l'utilizzo delle parole di Tattersall per dimostrare l'inconsistenza della spiegazione darwiniana dell'evoluzione della nostra specie.
Le grane seguite alle sue affermazioni furono tali da varcare l'oceano e richiedere un'abiura sul giornale dei 'mistery':
Sono molto dispiaciuto che le mie parole siano state travisate a sostegno della falsa credenza che ci sia una "rottura" tra gli esseri umani e gli altri organismi. È certamente vero che il nostro modo insolito di elaborazione delle informazioni sembra essere stato acquisito recentemente, ma questo evento è chiaramente un'espressione perfetta del processo evolutivo che ha prodotto il grande albero della vita in cui noi esseri umani siamo completamente integrati.
Ma il nostro non può fare a meno di dire come stanno le cose e così su La Repubblica insiste:
Ma la cosa che veramente ci distingue e ci fa sentire così diversi da tutti gli altri esseri viventi è il modo di elaborare le informazioni nel nostro cervello. Quello che solo noi esseri umani facciamo è disassemblare mentalmente il mondo che ci circonda in un vocabolario sterminato di simboli mentali. Questa capacità unica si palesa in ogni aspetto delle nostre vite.
E poi ancora:
Per comprendere le caratteristiche di questo nuovo fenomeno è importante ricordarsi che l'Homo sapiens con capacità cognitive moderne non è semplicemente un'estrapolazione di tendenze precedenti. I ritrovamenti archeologici mostrano piuttosto chiaramente che noi non facciamo le stesse cose che facevano i nostri predecessori, solo un po' meglio: ricreando mentalmente il mondo noi di fatto facciamo, nella nostra testa, qualcosa di completamente nuovo e diverso.
Adesso ci risiamo, con un doppio intervento, scritto e in video, Tattersall conferma l'incolmabile diversità umana rispetto agli altri animali e lo fa mostrando ancora una volta come su questo punto ci sia una unanimità di giudizio del mondo darwinista e darwiniano. L'intervento scritto è ancora una volta su Micromega, per la precisione sull'Almanacco delle scienze 1/2014 dove nell'articolo intitolato "La seconda nascita di Homo sapiens" afferma che:
Non è un segreto che qualcosa ci renda profondamente diversi da tutti gli altri organismi, compresi quelli che ci sono più vicini nel grande albero della vita.
[...]
Esiste pertanto una netta discontinuità, un profondo abisso qualitativo, tra il modo in cui gli altri organismi gestiscono l'informazione e il modo in cui lo facciamo noi.
[...]
Tuttavia (dopo aver confermato la sua adesione alla spiegazione evolutiva darwiniana ndr)l'emergere della consapevolezza dei moderni esseri umani ci pone di fronte ad un profondo mistero, forse il più grande affrontato dalla scienza . E' chiaro infatti che il nostro modo di far funzionare la mente non rappresenta semplicemente il prodotto di un miglioramento incrementale di altre forme cognitive esistenti.
La differenza è qualitativa e non tanto quantitativa: non abbiamo semplicemente un po' più della stessa cosa che hanno tutti gli altri esseri viventi.
Fatta salva l'adesione alla spiegazione neodarwiniana dell'evoluzione, per Tattersall non ci sono dubbi sulla diversità incolmabile tra l'Uomo e tutti gli altri animali, e anche l'ultradarwinista Micromega non può che piegarsi davanti a tale evidenza.
Le stesse cose Tattersall le avrebbe ripetute in una conferenza tenuta al Museo antropologico Pigorini di Roma il 20 febbraio 2014:
ll'inizio delle sua relazione avviene qualcosa di particolarmente interessante, al punto 12′ e 30", Tattersall fa un'affermazione che dichiara essere una specie di "assicurazione contro qualunque incomprensione..." e cioè che "non ci sono dubbi che noi esseri umani siamo intimamente integrati all'interno del grande albero della vita che unisce tutte le creature viventi sul pianeta oggi." Tattersall evidentemente scottato dall'esperienza italiana del Meeting usa le stesse identiche parole che aveva impiegato nella dichiarazione fatta a Query. Una volta messosi al sicuro ripete quello che va dicendo da anni che cioè:
Noi non stiamo facendo semplicemente quello che fanno le altre creature ma lo stiamo facendo meglio, no, noi stiamo realmente trattando le informazioni in un modo altamente distintivo... il baratro cognitivo tra noi esiste ed è ancora evidente... con tutta la loro intelligenza, che è grande e intuitiva, le scimmie non sono creature simboliche nel senso umano... il baratro cognitivo tra noi, anche se sembra diminuire, rimane assoluto.
La relazione, che merita di essere vista integralmente, prosegue confermando queste conclusioni, e così possiamo dare come dato scientifico condiviso con i neodarwiniani l'unicità e l'insormontabile diversità dell'Uomo rispetto a tutti gli altri animali.
Rispetto ai darwiniani restiamo separati dall'accettazione che questo sia spiegabile con i meccanismi della Sintesi Moderna, ma quello su cui non si può più fare finta di nulla è che l'Uomo è qualcosa di irriducibilmente diverso rispetto a tutti gli altri animali e che quindi deve ritenersi superata la concezione opposta che abbiamo ereditato dall'opera di Thomas Huxley "Evidence as to Man's Place in Nature".
L'idea di una totale animalità dell'Uomo, che abbia cioè le stesse caratteristiche degli animali ma in grado superiore, è un concetto ottocentesco ormai superato e il posto dell'Uomo nella natura va profondamente ripensato.
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